A fine maggio 2021 è stato approvato un Protocollo di Intesa triennale tra Ministero della Salute e Comando generale dei Carabinieri per “la ricognizione delle residenze socio-assistenziali presenti sul territorio nazionale”. Nella confusione dei media, l’oggetto precipuo interessato dall’accordo sono risultate subito le Rsa. In realtà l’attività dei Nas non riguarderà (se non su segnalazione, come del resto già accade), le Rsa, ma quelle strutture ancora meno attrezzate dal punto di vista sanitario, spesso nemmeno accreditate presso il SSN, che sarebbero destinata a persone autosufficienti ma che in molti casi ricoverano malati cronici non autosufficienti con esigenze ben superiore a quelle che la struttura può erogare.
Tecnicamente si tratta di “residenze socio-assistenziali”, note come “case di riposo”, “comunità per anziani” o “convivenze”. La proposta di Protocollo per il monitoraggio delle strutture è frutto del lavoro della commissione per l’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, presieduta da monsignor Paglia, congiuntamente alla Direzione generale della programmazione del Ministero della salute. La collaborazione riguarda: la mappatura delle residenze socioassistenziali, la realizzazione di un’anagrafe delle stesse recante il numero delle strutture operative, la capacità recettizia, le modalità organizzative e ogni altro aspetto di interesse.
Nonostante la risposta polemica dei gestori, che hanno espresso preoccupazione e perplessità, soprattutto riguardo la scelta di coinvolgere l’Arma e la lunghezza della durata del protocollo, resta indubbio che la cronaca spesso riferisce di casi di abusi e irregolarità sul territorio. Se eseguiti correttamente, i controllo sono utili per individuare le situazioni in cui gli anziani malati cronici non autosufficienti ricevono le adeguate prestazioni sanitarie, che possono rivelarsi persino letali per la loro esistenza.
Tuttavia il primo intervento di prevenzione è garantire i diritti previsti da parte delle norme vigenti. Il SSN è infatti tenuto a “garantire la diagnosi e la cura degli eventi morbosi quali ne siano le cause, la fenomenologia e la durata" (art. 2 legge 833/1978) e pertanto gli anziani malati cronici non autosufficienti hanno diritto ad ottenere la presa in carico da parte del SSN. Inoltre il Dpcm 17 gennaio 2017 con l’aggiornamento dei Lea – Livelli essenziali delle prestazioni sanitarie, prevede e regola idonei percorsi di presa in carico degli infermi non autosufficienti (domiciliari, semiresidenziali, residenziali). Il ricorso di anziani malati cronici non autosufficienti a residenze inidonee, dovuto spesso alle lunghe liste d’attesa, è dunque una conseguenza della violazione del diritto alle cure sanitarie e sociosanitarie.Tenendo conto degli alti costi per un ricovero privato in una Rsa con standard di cura adeguati (3.000-3.500 euro al mese), la maggior parte dei malati saranno costretti dalla latitanza del SSN a ricercare alternative economiche a scapito della salute.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)