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Carrino Antonella

Gli orti urbani: come gestirli in emergenza

14-04-2020

I nostri anziani si ricordano gli "orti di guerra", che possono essere considerati gli antesignani degli attuali orti urbani anche se qualcuno fa risalire l'usanza a fine Ottocento con i francesi jardins ouvriers (giardini operai). Sotto il fascismo al motto "Sfruttare ogni zolla", i giardini pubblici e i parchi delle grandi città furono trasformati in aree coltivabili e divennero un modo per fornire alla popolazione grano, orzo, legumi, patate e «quegli ortaggi che nelle contingenze attuali possono dare un apporto considerevole di nutrimento in parziale sostituzione di quanto, per varie cause, più scarseggia per la popolazione civile: la carne» (Ufficio propaganda Pnf, L’orto di guerra, p. 1).

Nella modernità, la loro diffusione si lega più ad obiettivi di salute pubblica, di promozione di rapporti sociali, di riqualificazione del degrado urbano e ambientale. In tempi ancor più recenti sono stati "rispolverati" in funzione di contrasto alla crisi economica; per favorire l'autoproduzione nelle fasce deboli di popolazione (soprattutto anziani). La realizzazione di orti urbani riveste interesse specifico per l’ambiente, come emerge da uno studio del “The Nature Conservancy”, svolto in quasi 300 città di tutto il mondo. 

Un albero può ridurre il particolato nell’aria che lo circonda in una percentuale che va dal 7% al 24%. Tali effetti positivi sull’inquinamento sono stati confermati anche da recenti studi dell’Istituto di Biometeorologia (Ibimet) del Cnr di Bologna. Tuttavia, gli orti urbani hanno molti altri vantaggi, scoperti anche da molte amministrazioni di medie e grandi città italiane. Coltivare gli orti urbani è una attività che riqualifica interi quartieri, responsabilizza i cittadini, li rende orgogliosi e spesso fa aumentare anche il valore economico degli immobili. Inoltre, le Università di York e Edimburgo hanno dimostrato che hanno effetti benefici anche sul declino cognitivo degli anziani. 

Il fenomeno ha assunto, negli anni, proporzioni sempre maggiori. L’Istat, in un report  del 2016, quantificava  in 1,7 milioni di metri quadri la superficie dedicata a orti urbani dai Comuni italiani. Calcolo sottodimensionato perché escludeva tutti gli appezzamenti messi a disposizione dai privati, aziende o associazioni e, infine, gli orti di privati cittadini.

Non tutti hanno il pezzetto di terra sotto casa e specialmente nelle grandi città, qualcuno deve percorrere qualche chilometro per raggiungerlo. Da quando sono scattate le misure per contenere il Coronavirus si rischiano multe consistenti ma la stagione calda si sta avvicinando e gli orti urbani rischiano l’estinzione. Come tutte le attività agricole, hanno bisogno di manodopera e di irrigazione solo che, in questi casi, chi ha avuto il permesso di coltivare, spesso non abita sul posto. Il problema è stato sottolineato da Stefania Favorito, che  lavora a mettere in rete la cospicua realtà degli orti urbani romani e spiega così la sua realtà: “ in molti quartieri difficili, l’orto ha una funzione sociale di enorme importanza. Per alcune famiglie significa risparmiare 100 o più  euro  al mese. E sarebbe ancora più importante in questa fase, in cui si stanno perdendo migliaia di posti di lavoro a causa del Covid-19”. Da diverse settimane, spiega Stefania Favorito, si sta cercando di far riaprire i cancelli, con tutte le precauzioni possibili e sembra che presto, almeno gli orti su terreni comunali, potranno ricominciare a funzionare. Per gli orti privati, per ora, ciò non appare possibile. Significative anche le esperienze di Milano e Torino. Nel capoluogo lombardo,  Claudio Cristofani, amministratore di Angoli di Terra, storica associazione cittadina cui fanno riferimento 180 assegnatari di orti , delinea un problema sociale meno sentito che nella capitale: “più che ‘orti di guerra’ sono ‘orti ludici’ e perdere un raccolto, per i nostri ortisti, non è poi la fine del mondo: potranno comunque fare la spesa al supermercato senza troppi problemi”.

A Torino Matteo Baldo, co-fondatore di Orti Generali (160 appezzamenti tra i 50 e i 100 metri quadri) spiega che qui si è scelta una terza via: quella della “tele-coltivazione”.
Se gli assegnatari non possono andare a coltivare i propri orti ci  pensa il personale dell’associazione. Una soluzione pensata per ovviare alle restrizioni: i nostri soci da casa decidono cosa mettere in campo e noi lo facciamo per loro. Se le limitazioni dovessero continuare ancora per diverse settimane Orti Generali sottolinea che la questione dovrà comunque essere affrontata dal Comune.

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Autore (Cognome Nome)Carrino Antonella
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2020
Pagine
LinguaItaliano
Data dell'articolo19000101
Numero
Fonte
Approfondimenti Online
Subtitolo in stampa14-04-2020
Fonte da stampare
Volume
Approfondimenti
Carrino Antonella
Attori
Parole chiave: Ambiente Attività fisica Benessere Buone pratiche No profit Orti Prevenzione Rapporti intergenerazionali