Nessun Paese europeo registra una percentuale di over 65 sul totale della popolazione più alta dell’Italia: 22,8%. Un trend in costante aumento che è il riflesso di un sistema sanitario nazionale efficiente.

A questo ha contribuito anche la presa di coscienza di come uno stile di vita sano e una dieta corretta, come quella mediterranea, aggiungano anni alla vita. Ed è proprio questa tesi che ha ispirato il programma dell’Oms “Decade of Healthy Ageing 2021-2030” volto ad orientare tutti i protagonisti della sanità – istituzionali e privati – verso un impegno concreto in termini di progetti e politiche a favore degli individui senior over 65 e delle comunità in cui essi vivono.

L’alta percentuale di over 65 impone però alcune considerazioni in ambito sanitario e socio-assistenziale. Il paziente anziano è ineludibilmente avviato al “declino fisiologico” sul piano neurologico, endocrino, immunitario ed è dunque un soggetto fragile. E in ragione di questa fragilità è spesso un paziente con multimorbilità, cronico e politrattato.

Quest’ultimo aspetto, la polifarmacolizzazione, è l’artefice della virtuosa longevità degli italiani, ma può anche essere causa della loro morbilità. Il paradigma della Medicina dei Sistemi conduce a un uso più giudizioso dei farmaci e, laddove possibile, alla loro razionalizzazione.

Gli anziani sono la fascia di popolazione maggiormente esposta ai rischi di interazioni tra farmaci e relative reazioni avverse. Dati di Aifa del 2020 mostrano come il 55% dei senior riceve mediamente da 5 a 9 farmaci al giorno. In particolare si stima che circa il 14% farebbe uso quotidiano addirittura di più di 10 farmaci.

In questo contesto si inserisce la Low Dose Medicine - la medicina dei bassi dosaggi - con la sua visione sistemica del malato che mette a disposizione una farmacologia biologica low dose. Essa è in grado di assicurare trattamenti anche di lungo periodo nella massima sicurezza clinica. Persino in caso di patologie complesse e croniche come sono spesso quelle degli anziani.