Da quando la Corte di Cassazione ha giudicato che le cure a un ospite malato di Alzheimer devono essere gratuite, le Rsa rischiano il dissesto finanziario. Secondo la Cassazione il servizio che ricevono gli ospiti è soprattutto sanitario e ciò ne giustificherebbe la gratuità.
Migliaia di famiglie potrebbero ora rivolgersi al giudice per avere la restituzione dei soldi spesi per ricoverare il proprio parente. Uneba, che rappresenta le Rsa italiane, ha scritto ai ministri della Salute, per la Disabilità, delle Finanze, della Giustizia e ai presidenti delle Regioni competenti in materia di sanità o sociale.
La lettera ricorda che è la legge e sono i Livelli essenziali di assistenza che fissano un sistema di compartecipazione dei costi al 50% tra utente e Servizio sanitario nazionale per i servizi sociosanitari per anziani non autosufficienti in lungoassistenza, e il rispetto di tale normativa è una delle condizioni che permettono l’accreditamento delle strutture.
Il problema nasce quanto la malattia di Alzheimer è accertata durante il ricovero in RSA, dopo il primo ingresso. In tal caso, la legge prevede che tutte le cure gli siano erogate gratuitamente dal Servizio sanitario nazionale. Per questo i giudici della Cassazione stanno condannando le Rsa a restituire le rette percepite negli anni scorsi.
In realtà, fa notare Uneba, a pagare per questo equivoco interpretativo della norma sono le RSA accreditate e non il Ssn erogato tramite le Regioni. Per questa tipologia di malati la normativa dei LEA - Livelli essenziali di assistenza - prevede che il Ssn eroghi solo il 50% dei costi.
(Sintesi redatta da: Zanetti Silvio)