Siamo passati da 250mila a oltre 390mila over 65 assistiti a domicilio dal 2014 al 2019, un trend che sembrava avvicinarci allo standard europeo ma che nel 2020, complice la pandemia, ha cominciato a decrescere fissandosi a 385mila unità. Il 2,7% degli over 65 italiani, quando il PNRR ne richiede il 10% entro il 2026. E non va meglio per le cure residenziali (RSA), che garantiscono la continuità della presa in carico dei pazienti non autosufficienti, di cui beneficiano poco più di 2 anziani su 100. La necessità di riformare ed adeguare la rete dei servizi territoriali è al centro della Long-Term Care Six, l’appuntamento annuale di Italia Longeva sull’assistenza agli anziani, in corso per una due giorni al Ministero della Salute.
Una situazione fotografata dall’indagine “Long-term care in Italia: verso una rinascita?”, curata per Italia Longeva da Davide Vetrano, ricercatore al Karolinska Institutet di Stoccolma, in collaborazione con la Direzione Generale della Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute.
«Gli anziani fragili sono doppiamente vittime della pandemia – ha detto Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva - che ha fermato anche quella timida ma in risalita tendenza che vedeva la long-term care del nostro Paese in progressiva espansione, sebbene lontana dal soddisfare i reali bisogni di assistenza della popolazione anziana, e con notevoli divari regionali. Oggi abbiamo l’occasione per dare una spinta a quel processo di modernizzazione dell’assistenza territoriale atteso da tempo, ma la disponibilità di risorse da sola non basta per gestire in maniera efficace la multimorbidità dell’anziano moderno e il passaggio dalla fragilità alla disabilità. È tempo di uniformare il sistema ispirandosi ai migliori standard di valutazione del bisogno per permettere il migliore management clinico assistito dalla più moderna tecnologia».
(Fonte: tratto dall'articolo)