Le residenze "sono oggi i luoghi più sicuri per proteggersi dalla pandemia", afferma Cinta Pascual, presidente dell'Associazione catalana delle risorse assistite. Ad oggi in Spagna grazie al vaccino, sottolinea Pascual, infezioni e decessi si sono ridotti quasi a zero nelle case di cura, ormai non ci sono quasi più utenti ricoverati negli ospedali e si riaprono le porte per nuovi ricoveri. Ma guardando indietro nel tempo, la prima domanda d'obbligo è: perché il conto delle vite umane è stato così alto nelle residenze?
Una domanda alla quale Andrés Rueda, presidente dell'Associazione catalana dei direttori dei centri e delle cure per le dipendenze, ne aggiungerebbe un'altra: "Quanto successo nelle case di cura è legato a come il paese ha affrontato questa crisi sanitaria?" Rueda è chiaro: "le nostre amministrazioni non hanno avuto il coraggio di anticipare questo dramma con misure preventive". E quella mancanza di reazione ha indotto il Covid a depredare soprattutto le persone più vulnerabili. "Sono stati 365 giorni tristi e solitari, quelli passati nelle residenze", si lamenta Juan Ignacio Vela, presidente di Lares, un gruppo con un migliaia di case di cura sparse in tutta la Spagna, con 54.000 utenti.
“Dovremmo dimenticare, dopo questa esperienza, il concetto classico di residenza e iniziare a parlare di centri di assistenza a lungo termine. Dobbiamo andare avanti e proporre unità di convivenza adattate ai loro residenti, creare spazi amichevoli che sostituiscano la casa senza che gli utenti perdano i loro diritti o dignità”, consiglia Andrés Rueda. Per raggiungere questo obiettivo, dove il coordinamento sociale e sanitario non è negoziabile, servono naturalmente molti più fondi. Per la Pascual bisognerebbe raddoppiare il budget per arrivare a 3.000 milioni all'anno nell'assistenza, pari al 2% degli investimenti del PIL.
Il problema più grave delle residenze è l'endemica carenza di personale, come mostrano i rapporti fermi al 2010, assolutamente insufficienti per servire degnamente i residenti, che oggi sono infinitamente più dipendenti. In Spagna si rovano 5.358 residenze e il 71% di questi centri sono privati. "Dobbiamo porre fine a questo modello alberghiero e commerciale, che trasforma queste strutture in un parcheggio per anziani", affermano le associazioni dei familiari. La pandemia ha anche riaperto il dibattito sull'opportunità o meno di medicalizzare le residenze. Un’idea che per il presidente di Lares non suscita simpatia tra i professionisti del settore e probabilmente neanche tra i residenti che non vorrebbero vedere la propria struttura trasformata in un ospedale.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)