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Assirelli Giulia, Pasquinelli Sergio

Gli invisibili. Essere caregiver in Lombardia

Prospettive Sociali e Sanitarie, 3/2021, LI, 2021, pp.3-6

In Lombardia si rileva una presenza di 2,2 milioni di over 65, circa 510.000 dei quali versano in condizioni di non autosufficienza. A fronte di questa presenza, si stima che i caregiver siano almeno 360.000. Riportiamo due ricerche sui caregiver familiari nella Regione: una nel 2014 e una nel 2019, nell’ambito del progetto Time to care, sulla valutazione del tempo dedicato alla cura e vita lavorativa e privata: basti pensare che, tra i caregiver non occupati, ben il 25% dichiara di aver dovuto lasciare il lavoro per fronteggiare le necessità legate all’attività di assistenza, mentre tra i lavoratori si registra nel 66% dei casi la necessità di sacrificare il proprio tempo libero o il tempo dedicato ad altri familiari in favore dell’attività di cura. 

Il progressivo invecchiamento dei caregiver, inoltre, suggerisce che non stiamo più assistendo semplicemente a una dinamica in cui i caregiver sono gravati sia dal carico di cura dei genitori anziani che da quello dei figli, la cosiddetta generazione sandwich, ma che si stia andando sempre più nella direzione di caregiver che, simultaneamente, accudiscono i genitori, i figli e i nipoti. Insomma, i caregiver nonni, un’attività totalizzante e poco sostenuta dai servizi. Gli anziani assistiti dai caregiver intervistati hanno in media 82 anni (con una quota importante, pari al 39%, di “grandi anziani” over85) e presentano spesso profili di comorbilità, con la disabilità motoria (57%) e la demenza senile/Alzheimer (37%) che svettano tra le patologie più diffuse. Un caregiver su due vive con l’anziano cui presta assistenza, che il 94% dei caregiver presta aiuto all’anziano quasi tutti i giorni e che 8 intervistati su 10 dichiarano di svolgere attività di assistenza per più di 20 ore alla settimana. 

Nella maggioranza dei casi (75%) si tratta, inoltre, di un’assistenza di lungo corso, prestata da più di due anni, il cui carico è condiviso spesso con altri familiari (88%), ma solo in tre casi su dieci con una figura professionale (badante). L’attività di assistenza è inoltre complessa, dal momento che implica lo svolgimento di diverse attività. A fronte di un’attività di cura così organizzata, va sottolineato che le famiglie usano poco i servizi pubblici, li conoscono poco, e soprattutto sono poco interessate a usarli, a riprova di una evidente e rilevante distanza dal mondo dei servizi formali. 

L’età media dei caregiver è piuttosto elevata: solo nel 18% dei casi il caregiver ha meno di 50 anni, nel 40% dei casi ha un’età compresa tra i 50 e i 60 anni e nel 25% dei casi tra i 60 e i 70 anni; ben il 17% degli intervistati ha più di 70 anni. Ciò che è più interessante notare è che, confrontando i dati raccolti nel 2014 con quelli rilevati nel 2019 si evidenzia che, nell’arco di soli cinque anni, l’età media si è alzata di quasi due anni, arrivando a raggiungere quota 60. Una situazione aggravata dal mancato coinvolgimento delle Istituzioni, verso le quali le famiglie mantengono un atteggiamento di sfiducia e che comunque restano speso poco pubblicizzate e di difficile accesso per motivi burocratici.

Il dato più sorprendente è che quattro caregiver intervistati su dieci non sono consapevoli o non sanno esprimere i propri bisogni. Molti indicano il bisogno di un contributo economico; un altro bisogno frequentemente citato è quello di condivisione del lavoro di cura. Solo il 12% degli intervistati indica un potenziamento dei servizi domiciliari. Sembra dunque confermata la struttura familistica tipicamente italiana, secondo la quale il lavoro di cura è svolto all’interno delle mura domestiche, gestito in modo privato e chiuso, tutt’al più con un contributo economico. 

Studi recenti peraltro confermano come l’Italia sia uno dei Paesi in Europa dove i figli vivono più in prossimità ai propri genitori anziani: due terzi degli ultraottantenni ha un figlio che vive a meno di un chilometro di distanza. L’esternalizzazione dell’attività assistenziale e l’allontanamento dell’anziano dalle mura domestiche rimangono un’extrema ratio scarsamente presa in considerazione. 

Non a caso, chiedendo agli intervistati in che misura ritengano che stato e famiglia debbano farsi carico dell’assistenza agli anziani, abbiamo riscontrato che ben quattro rispondenti su dieci ritengono che di questo compito debba occuparsi esclusivamente o in misura maggioritaria la famiglia; a questi si aggiunge un ulteriore 55% che ritiene che l’onere dell’assistenza vada equamente diviso tra stato e famiglia. Virtualmente inesistenti sono coloro che dichiarano che l’assistenza agli anziani debba essere una prerogativa dello stato. 

Questo dato culturale è il risultato di una storica insufficienza e inadeguatezza dei servizi pubblici rispetto alla domanda, situazione che ha ridotto la fiducia nella capacità di supporto delle istituzioni pubbliche. Serve un potenziamento delle risposte, in una regione che vede aumentare il numero di ultrasessantacinquenni a un ritmo di oltre 60.000 l’anno. Occorre un welfare che si faccia “prossimo” alle famiglie. A queste richieste vuole rispondere il progetto di legge regionale di iniziativa popolare sui caregiver in Lombardia, depositato alla fine del 2020 che propone primi interventi di sostegno e risorse da mettere in campo (non tanto economiche, ma di cura, di tempo, di spazio, di competenza, di attenzione).

(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)

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Autore (Cognome Nome)Assirelli Giulia, Pasquinelli Sergio
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2021
Pagine3-6
LinguaItaliano
OriginaleSi
Data dell'articolo19000101
Numero3/2021
Fonte
Approfondimenti Online
FonteProspettive Sociali e Sanitarie
Subtitolo in stampaProspettive Sociali e Sanitarie, 3/2021, LI, 2021, pp.3-6
Fonte da stampare(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)
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Assirelli Giulia, Pasquinelli Sergio
Attori
Parole chiave: Anziano non autosufficiente Caregiver caregiving Ricerca Welfare locale