A evidenziarlo è la prima indagine sulla continuità assistenziale in Italia, curata per Italia Longeva, Rete nazionale di ricerca sull'invecchiamento e la longevità attiva, da Davide Vetrano, geriatra dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e ricercatore al Karolinska Institute (Svezia). I dati del ministero della Salute ripresi in occasione della presentazione dell'indagine indicano che, solo il 2% degli over 65 è stato accolto in Rsa, residenze sanitarie assistenziali e, solo 2,7 anziani su 100 hanno ricevuto cure a domicilio "con incredibili divari regionali: in Molise e in Sicilia più del 4% degli anziani può contare sul servizio, mentre in Calabria e Valle d'Aosta si stenta ad arrivare all'1%". La ricerca si sofferma su 17 tra esperienze virtuose in Aziende sanitarie locali e ospedaliere in otto regioni: Basilicata, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Toscana e Umbria.
Otto migliori pratiche di gestione delle dimissioni difficili e 9 modelli efficienti di organizzazione delle reti territoriali. Italia Longeva nell'indagine si sofferma su 4 dei percorsi terapeutico-assistenziali più complessi, che riguardano pazienti con demenza, Parkinson e piaghe da decubito. Nelle buone pratiche di continuità assistenziale analizzate, uno dei protagonisti è il medico di medicina generale, che opera in sinergia con altri colleghi e indossa il camice del medico di reparto (come nel caso degli Ospedali di comunità).
E l'ospedale? Si occupa delle emergenze e delle patologie acute, ma nelle buone pratiche dialoga pure con il territorio per la gestione del rientro in comunità.
(Fonte: tratto dall'articolo)