I ricercatori dell'University College di Londra (UCL) affermano che i test necessari per confermare una diagnosi di Alzheimer - un test dei biomarcatori dei fluidi o una scansione PET - non sono disponibili di routine. Anche se i nuovi farmaci lecanemab e donanemab che rallentano le prime fasi della malattia aiutando a rimuovere la proteina amiloide nel cervello, sono ora in fase di valutazione per l’approvazione nel Regno Unito.
Lo studio dimostra che i trattamenti rallentano la progressione della malattia fino al 60% e potrebbero inaugurare una nuova era nel trattamento della demenza, affrontando la causa anziché limitarsi ad alleviare i sintomi. Gli scienziati hanno analizzato 1.017 adulti che erano stati precedentemente trattati in cinque zone di Londra, inclusi 517 pazienti valutati nei servizi di memoria e 500 in un servizio cognitivo specializzato, per scoprire quanti potrebbero trarne beneficio.
Circa un terzo, ovvero 163, dei pazienti ricoverati nei servizi della memoria sarebbero stati probabilmente segnalati per potenziale idoneità ai farmaci, ma di questi solo due sono stati sottoposti a un test sui biomarcatori dei fluidi, mentre il resto è stato sottoposto a neuroimaging.
Per i ricercatori esiste una necessità “chiara e urgente” di migliorare lo screening del Servizio Sanitario Nazionale per capire chi potrebbe trarne beneficio. Una diagnosi sicura del morbo di Alzheimer, affermano, è possibile solo con biomarcatori fluidi o imaging PET, attualmente di solito non disponibili per i problemi di memoria.
Hanno infine aggiunto che un problema significativo è che, a causa della mancanza di test sui biomarcatori nelle cliniche di comunità per la memoria, è probabile che il sospetto clinico dell'Alzheimer sia errato in almeno il 30% dei casi.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)