La maggior parte degli integratori di minerali e vitamine in commercio non protegge da malattie cardiache e non sortisce effetti benefici sulla longevità. È questo l’esito a cui è giunto uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori della Johns Hopkins Medicine (Baltimora, Maryland - Stati Uniti) e pubblicato sulla rivista Annals of Internal Medicine.
I ricercatori hanno esaminato 277 studi clinici per un totale di quasi un milione di persone coinvolte (studio condotto, in particolare, sulle abitudini degli statunitensi -il 52% degli americani prende quotidianamente almeno una vitamina o un altro integratore dietetico/nutrizionale -). La ricerca ha evidenziato che, sebbene l’assunzione della maggior parte dei supplementi di vitamine e minerali non risulti associata a danni per la salute, benefici effettivi per l’uomo sembrerebbero dipendere solo da diete a basso contenuto di sale che, ridurrebbero il rischio di mortalità per tutte le cause, nelle persone senza problemi di pressione e, per problematiche cardiache nei soggetti ipertesi (con un livello di certezza delle evidenze riscontrate “moderato”). Un piccolo aiuto per il cuore potrebbe derivare anche dall’assunzione di supplementi a base di acido folico e omega 3, rispettivamente contro l’ictus e contro infarto del miocardio e malattia coronarica (con livelli di certezza delle evidenze riscontrate definiti “scarsi” dagli stessi ricercatori), mentre i supplementi che combinano calcio e vitamina D sembrano addirittura essere collegati a un aumentato rischio di ictus. Altri integratori alimentari, come la vitamina B6, la vitamina A, i multivitaminici, gli antiossidanti, i supplementi contenenti ferro e quelli dietetici (come quelli brucia-grassi) non hanno avuto effetti significativi sulla mortalità o sulle malattie cardiovascolari. In Italia (dati del Censis, il Centro Studi Investimenti Sociali) più di 18 milioni di persone (tutti i giorni o qualche volta alla settimana) assumono, abitualmente, integratori alimentari e, più di 4 milioni qualche volta al mese. Il consumo di integratori, infatti, risulta trasversale rispetto a genere, età, livello di scolarità, territorio di residenza, condizione economica. Tutto questo nonostante siano sempre di più le ricerche che non riescono a dimostrare benefici per la salute derivanti dall’assunzione della maggior parte di questi prodotti.
(Fonte: tratto dall'articolo)