Per Pasquale Tridico, presidente dell'Inps, «È tempo di ridisegnare il welfare italiano». L'emergenza infatti ha mostrato che i sussidi servono anche agli autonomi, non solo ai poveri e che la cassa integrazione non può essere destinata esclusivamente alla categoria del lavoro dipendente. Le parole chiave, afferma, sono flessibilità e semplificazione. Il sistema di welfare del futuro deve essere più inclusivo e universale. Ai lavoratori occorre garantire una formazione continua, conoscenze e competenze per rimanere sempre agganciati al mercato.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ne è convinto, darà una spinta pubblica agli investimenti. Tuttavia il Recovery plan affronta tutte le riforme che servono al Paese ma non dice nulla sulla previdenza. Nel testo finale è anche saltato il riferimento a Quota 100. Un fatto che non stupisce Tridico dal momento che, sostiene: «Che il Recovery non si occupi di pensioni non deve stupire e Quota 100 ha un pilota automatico che si autodistrugge. È una riforma sperimentale, durava tre anni e finisce al 31 dicembre, non c'è nulla da aggiungere. Dopo Quota 100 non c'è la fine del mondo, ci sono diverse misure di flessibilità da ampliare: l'Ape sociale, i precoci, gli usuranti». La sua proposta è che il lavoratore vada in pensione dai 62-63 anni solo con la quota che si è maturata dal punto di vista contributivo. Il lavoratore uscirebbe dunque con l'assegno calcolato con il contributivo e aspetterebbe i 67 anni per ottenere l'altra quota, che è quella retributiva. Infine è necessario tutelare i fragili, come gli oncologici e gli immunodepressi, che nella fase post Covid devono poter andare in pensione prima.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)