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Malati non autosufficienti, tra diritti sanciti e leggi violate

Prospettive Sociali e Sanitarie, 3/2020, 2021, pp.4-9

Negli ultimi 40 anni nel settore dei malati acuti non vi sono state sostanziali modifiche alla legge 833/1978.
Al contrario numerosi sono stati i provvedimenti legislativi che hanno creato il settore socio-sanitario, caratterizzato da una impostazione privatista, che vede il malato come cliente e non come utente.

Come nel caso degli anziani malati cronici non autosufficienti, confinati in una sanità di serie B, spesso con obbligo di compartecipazione economica e pesanti vincoli socio-economici all’ingresso.

Tra le principali discriminazioni subite dai malati cronici non autosufficienti: accesso alle prestazioni sanitarie bloccato per lunghi periodo dai punteggi delle Autorità valutative e l’obbligo della sottoscrizione da parte dei congiunti di contratti di cd “ospitalità” per l’accesso alle RSA, contenenti spesso condizioni vessatorie (per es. il versamento di cauzione anche da parte di infermi indigenti).

Secondo il Consiglio dell’Ordine dei Medici di Torino “Gli anziani malati cronici non autosufficienti e le persone colpite da demenza senile sono soggetti colpiti da gravi patologie che hanno avuto come esito la compromissione della loro autosufficienza e per tali ragioni hanno elevata necessità di prestazioni sanitarie come i farmaci e socio-sanitarie quali contributi alle famiglie per la gestione a domicilio, il ricovero in Rsa o l’accesso ai centri diurni. Prestazioni che necessitano di risorse economiche dedicate”.

Rimane il fatto che l’obbligo di legge di assistenza grava sul servizio sanitario e non sui familiari del malato.
Ne consegue che è falso affermare che i familiari debbano farsi carico di un familiare malato, se non per il sostegno morale.

Le norme vigenti per la tutela del malato non autosufficiente sono contenute nella legge 833/1978, che affida al Servizio sanitario nazionale il compito di assicurare la diagnosi e la cura degli eventi morbosi, operando senza distinzione di condizioni individuali o sociali tra i cittadini in un regime di uguaglianza sociale.

Finora il Parlamento non ha approvato norme dirette al riconoscimento della priorità delle prestazioni domiciliari neanche nei casi in cui i congiunti siano volontariamente disponibili a garantire una presenza attiva alle persone non autosufficienti.

Al contrario, il SSN dovrebbe considerare prioritarie le prestazioni domiciliarie che possano essere assicurate dal medico di medicina generale dell’infermo e dal caregiver familiare, al quale, in tal caso, andrebbe erogato un contributo economico mediamente non inferiore al 70% dell’onere a carico del SS stesso nei casi di degenza presso le Rsa.

Considerare gli anziani malati cronici non autosufficienti come casi di assistenza sociale vuol dire, tra l’altro, limitare le loro esigenze all’aspetto “assistenziale” escludendoli di fatto dal settore sanitario, scaricando così sulle famiglie l’onere dell’assistenza una volta che il loro congiunto sia stato dimesso dalle cure ospedaliere, assumendo in proprio costi e responsabilità.

Una situazione che è tra le principali cause di impoverimento dei nuclei familiari che si fanno carico in proprio delle cure di un congiunto malato cronico non autosufficiente con ricadute sull’economia del Paese.

(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)

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Autore (Cognome Nome)
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2021
Pagine4-9
LinguaItaliano
OriginaleSi
Data dell'articolo19000101
Numero3/2020
Fonte
Approfondimenti Online
FonteProspettive Sociali e Sanitarie
Subtitolo in stampaProspettive Sociali e Sanitarie, 3/2020, 2021, pp.4-9
Fonte da stampare(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)
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Approfondimenti
Attori
Parole chiave: Anziano non autosufficiente Assistenza Domiciliare Servizi assistenziali