La ministra della Salute francese (Agnès Buzyn), pochi giorni fa, in una intervista al canale tv di Le Figaro, ha sostenuto che, per tenere in ordine i conti del sistema pensionistico transalpino, bisognerebbe cominciare a riflettere sull'età pensionabile. Quest’ultima, solo dal 2010, è salita da 60 ad appena 62 anni. E' stato smentito così il Presidente Macron il quale, per tutta la campagna elettorale, ha rassicurato i francesi che mai e poi mai, avrebbe toccato l'âge de depart a 62 anni. Il sistema pensionistico francese, tutto retributivo e finanziato dai contributi dei lavoratori attivi, è sull'orlo del crack. Assorbe più del 25% della spesa pubblica (268 euro su mille) che vanno a finanziare il Fondo "veilliesse", in pratica il nostro Inps. Solo pochi mesi fa il Csr (Comité de suivi de retraites), una agenzia pubblica che monitora i conti del sistema, ha lanciato un allarme sulla sua sostenibilità prevedendo, per il 2040, il default previdenziale francese. Non a caso è stato nominato un commissario straordinario per la riforma delle pensioni (Jean-Paul Delevoye) che, entro ottobre, dovrà presentare le sue proposte. Un disegno di legge appena presentato dall'ex ministro repubblicano Woerth prevede tra le "misure indispensabili" l’innalzamento dell'età pensionabile da 62 a 65 anni. La spesa pensionistica francese supera oggi di 4 punti percentuali la media europea e rappresenta il 14% del Pil (320 miliardi di euro per 14 milioni di pensionati). Un francese incassa il suo assegno pensionistico in media per 24 anni (27 una francese), molto più a lungo rispetto alla media Ocse (18 anni gli uomini e 22 anni le donne). Il tasso di occupazione, in Francia, non è tra i più alti (65% contro il 76% della Germania) ma quasi raddoppia nella fascia d'età 55-64 anni. Solo il 55% dei francesi è ancora attivo (contro il 73% dei tedeschi). Come a dire che una carriera lavorativa dura 35 anni in Francia e 38 in Germania. Portare l'età a 65 anni produrrebbe immediatamente un risparmio sulla spesa pensionistica del 12,7% con 1,8 milioni di pensionati in meno e maggiore massa contributiva da impiegare, auspicabilmente, nel welfare.