Il nuovo modello di salute insiste sulla sanità di territorio e su quella domicilaire e su una serie di servizi che dovrebbero riuscire a costituire una filiera che parte dal domicilio del paziente e arriva fino alla residenzialità. Questi idealmente sarebbero: il domicilio (la persona e il suo caregiver); il territorio (ADI, MMG, Distretti sanitari); la semi-residenzialità (centri diurni e simili); la residenzialità (intesa come Rsa, case protette, cohousing, forse i nuovi ospedali di comunità).
In sintesi, anche se non si può dire con certezza quale direzione prenderà la sanità del futuro, sembra importante sottolineare che qualsiasi progetto innovativo dovrà essere capace di mettere insieme e ricostruire, ciò che oggi appare frammentario. È possibile che gli elementi riassunti in breve nell’elenco precedente non siano esaustivi o richiedano un’ulteriore revisione, ma certamente tutti i servizi e i soggetti indicati partecipano ai processi di costruzione della salute. Si ricordi poi che uno degli obiettivi espliciti dagli attuali interventi normativi è di alleggerire i Pronto soccorso e ridurre gli “accessi impropri”.
Inoltre, un sistema veramente integrato sarebbe maggiormente capace di rispondere ai bisogni di salute complessi, come quelli legati alle patologie croniche, alla disabilità e alla non autosufficienza, che prima della pandemia erano le principali priorità di tutti i sistemi sanitari dei Paesi occidentali. Mettere in rete i servizi; coinvolgere cittadini, pazienti e associazioni della società civile; progettare insieme, tra professionisti ma non solo. Sono queste le direttrici di un cambiamento che dopo la pandemia èdiventato indispensabile.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)