La danza può cambiare il cervello: da un lato quello dei ballerini professionisti, dall’altro quello dei principianti che nel ballo possono trovare un vero e proprio elisir di giovinezza.
Sulla neuroscienza della danza, nel corso degli ultimi decenni, sono stati pubblicati una serie di studi che ci aiutano a capire meglio perché balliamo e come la danza impegna e cambia il cervello umano. «Imparare a danzare, così come accade per diverse tipologie di apprendimento, ha un impatto sulla struttura del cervello. Si modifica sia la sostanza grigia, che i fasci di fibre che connettono tra loro le parti corticali del cervello, con un impatto importante sulla plasticità cerebrale», spiega Stefano Cappa, professore di neurologia allo IUSS di Pavia e presso la Fondazione Mondino, membro della Società Italiana di Neurologia (Sin).
Il ballo, infatti, secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, può migliorare la memoria e prevenire la comparsa di demenza man mano che si invecchia. L’attività aerobica sembra anche contrastare la perdita di volume dell’ippocampo, la parte del cervello che controlla la memoria.
Ovviamente è difficile valutare gli effetti della danza in sé, poiché da questa discendono altri fattori ugualmente utili a contrastare l’invecchiamento del nostro cervello. «Immaginiamo un anziano che decida di iscriversi ad un corso di ballo – spiega il neurologo -. Partecipare alle lezioni avrà un’influenza positiva sulla sua vita sociale, così come l’apprendimento di qualcosa di nuovo sarà un toccasana per la mente e l’esercizio fisico per il sistema cardiovascolare e lo stato di salute in generale». Serviranno ulteriori studi, più ampi, per chiarire se questo effetto positivo è di natura puramente preventiva, perché ci protegge dal decadimento cognitivo, o se può essere utile per rallentare gli effetti di un declino già in corso. E se danzare non è nelle vostre corde, niente paura.
«Che sia un cruciverba, un sudoku o una lezione di lingua straniera, l’apprendimento di qualcosa di nuovo farà sempre bene al nostro cervello. Ad una condizione, però – conclude Cappa -, che al dovere si associ sempre il piacere».
(Sintesi redatta da: Righi Enos)