Come recentemente emerso da un’indagine realizzata dall’Istat sui temi della conciliazione vita-lavoro quasi 13 milioni di italiani tra i 18 e i 64 anni devono gestire responsabilità di cura legate ai bisogni di familiari non autosufficienti e alla dimensione della genitorialità. I cambiamenti del contesto socio-demografico del nostro Paese stanno producendo un impatto rilevante sui bisogni sociali degli italiani e su tutte le questioni ad essi connesse.
Ciò è evidente in modo particolare se si osserva da vicino la condizione dei lavoratori italiani, i quali - oltre alle esigenze legate al lavoro - si trovano spesso schiacciati tra i carichi di cura connessi ai propri figli e quelli riguardanti i familiari anziani. Secondo un’indagine promossa dal provider di welfare aziendale “Jointly - Il welfare condiviso”, in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, su un campione di 30.000 lavoratori di aziende italiane medio-grandi, circa 1 lavoratore dipendente su 3 si fa carico della cura di un familiare anziano o non autosufficiente. In particolare, nel 36% di questi casi il lavoro di cura occupa l’individuo quotidianamente divenendo quasi un secondo lavoro. I lavoratori-caregiver, sempre secondo la ricerca, sono per la maggior parte donne, hanno tendenzialmente più di 50 anni e spesso si trovano distanti dal familiare da accudire. È chiaro che il peso e gli sforzi connessi alle cure dei familiari produce rilevanti cadute sulla carriera del singolo e in generale sulla vita lavorativa, esponendolo maggiormente al rischio di burnout legato allo stress psico-fisico.
Pertanto, oltre ad incentivare misure strutturali a livello nazionale è opportuno introdurre sempre più spesso azioni di welfare aziendale e politiche legate alla flessibilità lavorativa, come come smart working, flessibilità oraria in entrata e uscita, congedi parentali e familiari aggiuntivi, disbrigo pratiche.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)