La pandemia che ha colpito il nostro Paese ha lasciato segni profondi sul tessuto sociale. L’impatto più forte si è registrato fra i gruppi più deboli e fragili, fra i quali vanno in prima istanza incluse le persone anziane.
In questo quadro le politiche di long-term care (LTC) volte alla copertura dei bisogni di cura delle persone non autosufficienti, hanno mostrato tutti i loro limiti a fronte anche di un lungo e notevole ritardo che nel nostro Paese sconta tradizionalmente nell’attuare processi di riforma e di investimento in questo campo di policy. I servizi risultano, infatti, del tutto residuali, mentre la cura delle persone anziane viene preminentemente svolta dalle reti famigliari. L’unica misura nazionale degna di nota è costituita dall’Indennità di Accompagnamento (IdA), un trasferimento monetario di importo simile per tutti i livelli di gravità (circa 520 euro), che non presenta tuttavia alcuna forma di supporto e controllo sull’impiego delle risorse e che peraltro ha favorito nel corso degli anni un notevole ricorso (spesso irregolare) delle famiglie ad assistenti familiari privati.
L’obiettivo di questa nota è quello di indagare le implicazioni derivanti da un siffatto assetto sul terreno della cura dal punto di vista delle disuguaglianze sociali. L’analisi del sistema LTC considera congiuntamente i trasferimenti monetari (IdA), i servizi pubblici di assistenza, le reti di cura famigliare e il ricorso ad assistenti privati (le cosiddette badanti).
Per una analisi approfondita si rimanda all’articolo.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)