La sentenza n. 135 della Corte Costituzionale, scritta da Franco Modugno e Francesco Viganò, ricorda, in assenza di una legge che regoli la materia, che i requisiti per l’accesso al suicidio assistito restano quelli già stabiliti dalla sentenza n. 242 del 2019.
Quanto al requisito del trattamento di sostegno vitale, la Consulta afferma che il paziente ha il diritto fondamentale di rifiutare ogni trattamento sanitario praticato sul proprio corpo, anche se somministrato da familiari o “caregivers” che si fanno carico dell’assistenza del paziente a casa.
Se queste procedure sono necessarie per le funzioni vitali del paziente, al punto che la loro omissione o interruzione ne determinerebbe la morte in breve tempo, dovranno essere considerate come trattamenti di sostegno vitale e possono essere legittimamente rifiutate dal paziente, che, in questo modo, esercita il diritto di esporsi a un rischio prossimo di morte.
In questo modo, il paziente si trova nella situazione contemplata dalla sentenza n. 242 del 2019, ed è irragionevole il divieto, penalmente sanzionato, di assistenza al suicidio nei suoi confronti. I giudici confermano che «deve essere ribadito come l’accertamento della condizione della dipendenza del paziente da trattamenti di sostegno vitale, nel senso ora precisato, debba essere condotto, unitariamente, assieme a quello di tutti gli altri requisiti».
Dalla Corte arriva poi, in conclusione, una forte sollecitazione all’accesso alle cure palliative su tutto il territorio nazionale, anche per i pazienti che si trovano in tali condizioni da essere ammessi al suicidio assistito.
(Sintesi redatta da: Zanetti Silvio)