Per gli esperti inglesi la perdita del personale sanitario a causa della vaccinazione obbligatoria avrebbe un "grande impatto" sui servizi che sono già sotto "enorme pressione". Ci sono due domande chiave da considerare quando si cerca di capire se un mandato di vaccinazione è etico. Primo: è proporzionato al danno che stiamo cercando di evitare e, secondo: è necessario? Per Dominic Wilkinson, professore di medicina etica all'Università di Oxford, è giusto richiedere che gli operatori delle case di cura e del SSN ricevano il vaccino, che si mostra estremamente efficace nel prevenire i contagi tra lavoratori e pazienti. Ma, si domanda, è necessario? La politica del governo, afferma il professore, è eccessivamente semplicistica nel concentrarsi solo sulla vaccinazione, quando ciò che conta di più è il rischio di trasmettere il virus. A titolo indicativo, dati recenti indicano che il 25% dei donatori di sangue a Londra ha anticorpi di una passata infezione da Covid. E ora ci sono anche prove che suggeriscono che l'immunità naturale conferisce una protezione paragonabile all'immunità indotta dal vaccino (almeno a breve termine).
Gli studi hanno trovato una risposta immunitaria duratura negli individui otto mesi dopo l'infezione, nonché bassi tassi di infezione tra coloro che hanno precedentemente avuto Covid-19. Dati recenti suggeriscono anche che gli anticorpi suscitati dalla vaccinazione hanno una potenza e un'ampiezza inferiori rispetto a quelli generati dall'infezione naturale. Wilkinson dunque sostiene che, in base a ciò che è finora noto, agli individui con prove sufficienti di immunità naturale dovrebbe essere concessa un'esenzione medica dall’obbligo vaccinale previsto per le case di cura e i lavoratori del SSN. Questo, oltre che etico, eviterebbe la perdita di preziosi lavoratori che non rappresentano un rischio maggiore di trasmissione del coronavirus per i residenti vulnerabili. Non è infatti giustificato limitare in modo significativo le libertà delle persone se non estremamente necessario.
A meno che non vi siano prove convincenti che l'immunizzazione sia considerevolmente più efficace dell'immunità naturale nel ridurre la diffusione del virus, non è possibile sostenere in modo convincente la richiesta di un vaccino (per coloro che sono immuni). Il tema è comunque controverso. A settembre, in quella che sembra essere la prima sentenza legale in materia, un giudice statunitense ha confermato la decisione della Irvine School of Medicine dell'Università della California di imporre un vaccino contro il Covid-19 a un professore che sosteneva di avere l'immunità a causa di un precedente infezione da coronavirus. Nel suo verdetto il giudice della corte distrettuale degli Stati Uniti James Selna ha affermato che il sistema universitario ha agito razionalmente per proteggere la salute pubblica imponendo il vaccino e non esentando le persone con un certo livello di immunità da un'infezione.
Tuttavia, in un altro stato degli Stati Uniti, la George Mason University ha accettato di fornire un'esenzione medica a un professore che riteneva di non essere tenuto a fare il vaccino perché aveva prove di immunità naturale. Ci sono ragioni etiche e sanitarie estremamente forti per fare il vaccino contro il Covid. Ma, sottolinea Wilkinson, gli operatori sanitari e sociali che hanno superato la malattia dopo averla contratta, probabilmente grazie all’immunità naturale, hanno un basso rischio di trasmissione del virus. Una politica di salute pubblica etica e basata sull'evidenza dovrebbe riflettere su questo. Basterebbe richiedere un attestato medico di avvenuta guarigione. Del resto il governo del Regno Unito già riconosce l'effetto protettivo dell'immunità naturale per i viaggi. Qualcosa di simile, conclude il professore, dovrebbe essere richiesta per gli operatori sanitari.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)