Aumenta il numero dei vaccini somministrati alle classi di età più giovani e, contemporaneamente, cala quello delle dosi destinate ai più anziani. I sessantenni infatti sono lontani da dati soddisfacenti (al 17 maggio quelli tra loro che avevano ricevuto la prima dose erano intorno al 58%) eppure nell’ultima settimana ne sono stati vaccinati meno di quella precedente (880mila contro 950mila).
Intanto però sono costantemente saliti i numeri dei cinquantenni coperti e a breve, molto probabilmente, cresceranno quelli dei quarantenni. Anche per i settantenni la partita non è chiusa. Sono ancora 1 milione e 250mila quelli che devono essere raggiunti (la copertura è di poco superiore al 77%). Eppure in due settimane è più che dimezzato (passando da 760mila a 300mila) il numero di vaccini che hanno ricevuto. Il timore è che con il calo della circolazione del virus, qualcuno inizi a pensare che non è necessario fare il vaccino.
Tuttavia, per gli epidemiologi resta prioritario coprire il maggior numero di anziani, e dunque – ora che i dati degli ottantenni vanno bene – i settantenni devono diventare il bersaglio principale della campagna, tenendo conto che la cosiddetta immunità di gregge è un obiettivo ancora lontano. Servono dosi per alzare le coperture e procedere a ritmi sostenuti anche con i più anziani. Per averne di più a disposizione si è di recente spostato il termine per i richiami di Moderna e Pfizer a 42 giorni. E non è escluso, secondo alcune indiscrezioni uscite dal governo che quei tempi vengano ancora allungati.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)