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Carrino Antonella

Poste italiane: buoni fruttiferi ante giugno 1986. Meglio controllare gli interessi

17-10-2019

Molti nonni risparmiano per lasciare ai propri figli e nipoti cospicui tesoretti, accumulati negli anni, da una generazione abituata a risparmiare; spesso tali piccoli patrimoni vengono intaccati da pratiche quantomeno poco trasparenti messe in atto da Poste italiane. Molti tribunali  e la stessa Corte di Cassazione sono stati coinvolti negli ultimi anni su questioni come quella che raccontiamo perché emblematica della suddetta prassi e anche perché si è conclusa a favore dei nipoti eredi.

La vicenda raccontata da un giornale locale riguarda una nonna di Ferentino (Fr) che era in possesso di una cospicua quota di buoni postali fruttiferi serie ordinaria “Q” emessi a metà degli anni Ottanta.

Alla sua morte, i nipoti sono ricorsi al giudice di pace perché si sono visti accreditare una somma i cui interessi, maturati in 30 anni, erano inferiori a quelli contenuti nel contratto di sottoscrizione. Il giudice di pace ha dato loro ragione e condannato le Poste al pagamento degli interessi dovuti.

La fattispecie riguarda la prassi utilizzata da Poste Italiane a partire dal 1° luglio 1986, quando sui moduli della precedente “Serie P” venivano apposti due timbri: uno sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi. Poste italiane ha applicato in realtà il D.M. del 13/06/86 (rilevante soprattutto per la serie Q) il quale prevedeva una diminuzione dei tassi delle serie emessa in precedenza  (quella della nonna di Ferentino appunto) e  convertiva tutti i buoni delle serie precedenti (M, N, O e P) in buoni della serie Q a partire dal 01/01/1987.

In base a tale prassi, i tassi d’interesse indicati dietro il buono postale erano gli unici che venivano applicati nei conteggi finali. Non solo, il timbro utilizzato da Poste indicava i tassi d’interesse dal 1° al 20° anno, senza nulla specificare per i tassi d’interesse applicabili dal 20° al 30° anno. Anche da questa ulteriore lacuna nasce il contenzioso fra i risparmiatori e Poste Italiane: secondo i primi, infatti, in assenza di specificazione, sarebbero applicabili gli interessi trascritti sul modulo originario; secondo Poste si applicherebbero invece i tassi indicati fino al 20° anno, anche se non espressamente specificati nel timbro a secco.

La giurisprudenza non è univoca e, per i buoni venduti ai risparmiatori prima del decreto ministeriale 13/6/86, presso vari tribunali e anche collegi dell'Arbitro Bancario Finanziario (ABF altro organo competente in materia) si riscontra la tendenza a dare ragione a Poste. Sembrerebbe quindi giusto affermare il principio che sia corretto liquidare i buoni giunti a scadenza con i tassi fissati dal decreto, inferiori a quelli che appaiono riportati nelle tabelle sul retro dei titoli.

In direzione opposta si è espressa, già nel 2007, la Suprema Corte, a Sezioni Unite (Cass. SS. UU. n. 13797/2007) affermando la prevalenza delle condizioni riportate sul titolo rispetto a quelle dettate dal regolamento istitutivo (emanato con successivo decreto ministeriale) e sottolineando che il contrasto fra le condizioni relative  al saggio di interesse è contrario alla funzione stessa dei buoni postali. In pratica le condizioni alle quali l’amministrazione postale si obbliga all’atto della sottoscrizione del buono non devono essere  modificate rispetto a quelle espressamente rese note al risparmiatore in quella fase.

Nello stesso senso il Tribunale di Bergamo, con tre sentenze pubblicate nel febbraio 2017, ha posto l'accento sul problema della trasparenza nell'informazione di eventuali modifiche dei rendimenti da parte di Poste. In sintesi, queste sentenze hanno accolto le richieste dei risparmiatori motivando che Poste Italiane non avrebbero provveduto a fornire la prova dell'avvenuta informazione riguardante il mutato rendimento dei titoli tramite affissione nei singoli uffici postali, come espressamente prescritto dall'art.17 del Dpr 156/1973 ( nel testo modificato dal Dl 460/1974). Non basterebbe cioè la sola pubblicazione del decreto sulla Gazzetta Ufficiale per rendere edotto il consumatore delle modifiche intervenute.

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Autore (Cognome Nome)Carrino Antonella
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2019
Pagine
LinguaItaliano
Data dell'articolo19000101
Numero
Fonte
Approfondimenti Online
Subtitolo in stampa17-10-2019
Fonte da stampare
Volume
Approfondimenti
Carrino Antonella
Attori
Parole chiave: Patrimonio: investimenti, assicurazioni, problemi economici Giurisprudenza