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Pensioni, l’Europa punta sull’equilibrio. Obiettivo a 67 anni non solo in Italia

Il Sole 24 ore, 09-04-2023

Sotto un profilo previdenziale con neanche 400mila nascite nel 2022 e un saldo negativo rispetto ai decessi di oltre 320mila unità (713mila i morti nel 2022), l’Italia rischia di avere un sistema pensionistico in crisi. Lo scenario infatti, proiettato in futuro, determina una riduzione dei possibili lavoratori e dei presumibili flussi contributivi. Fin qui il parallelo con la Francia della riforma Macron. Due Paesi peraltro, Italia e Francia, dove la spesa pensionistica pubblica rispetto al prodotto interno lordo ha assunto già valori ben più elevati della media degli altri Paesi dell’Unione europea. In Italia, infatti, circa il 16%, in Francia circa il 14 %.

In Francia, però, prima della riforma, e con ogni probabilità anche dopo, i requisiti pensionistici per l’accesso alle prestazioni sono tra i più contenuti in Europa. Mettendo a confronto le principali caratteristiche dei vari sistemi presenti in cinque Paesi (Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito) si scoprono profonde differenze. Infatti, per quanto riguarda le tipologie di prestazioni, in quattro Paesi è prevista la possibilità di un accesso al pensionamento anticipato, mentre nel Regno Unito è consentito esclusivamente il pensionamento di vecchiaia, oggi accessibile a 66 anni, che diventeranno 67 in futuro.

Per quanto riguarda il pensionamento anticipato, in Francia e Germania si richiede esclusivamente un requisito anagrafico, in Spagna è prevista un’età minima ed è richiesto anche un requisito contributivo. Qui da noi si prevede esclusivamente un livello minimo di anni di contribuzione maturati che, nel caso di persone che abbiano iniziato a lavorare in età non particolarmente elevata, può determinare la possibilità di pensionarsi in via anticipata rispetto agli altri Paesi. Le differenze continuano anche per altri aspetti, come la retribuzione rispetto alla quale la prestazione finale viene calcolata. Sostanzialmente tutti stabiliscono un livello massimo oltre il quale le quote di retribuzione ulteriori non vengono considerate ai fini della determinazione della pensione.

In Italia  il massimale è stato introdotto nel 1995, ma solo per gli iscritti per la prima volta all’Inps a partire dal 1° gennaio 1996. Anche il calcolo specifico della pensione risulta essere particolarmente vario. Il metodo retributivo la fa da padrone. Talvolta, però, adottato sotto forma del cosiddetto sistema a punti. In sostanza, sulla base della retribuzione percepita, si acquisiscono ogni anno un determinato numero di punti. Al pensionamento, i punti accumulati moltiplicati per il relativo valore economico stabiliscono la prestazione maturata. Da tutte queste diversità emerge però un unico fattor comune, cioè la ricerca di portare il momento del pensionamento verso i 67 anni. Ritardare tale appuntamento, infatti, consente ai sistemi previdenziali finanziati attraverso la ripartizione di rendere più stabile l’equilibrio finanziario e di erogare con maggior certezza le prestazioni promesse.

(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)

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Autore (Cognome Nome)
Casa Editrice, città
Collana
Anno Pubblicazione2023
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LinguaItaliano
OriginaleSi
Data dell'articolo2023-04-09
Numero
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Approfondimenti Online
FonteIl Sole 24 ore
Subtitolo in stampaIl Sole 24 ore, 09-04-2023
Fonte da stampare(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)
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Parole chiave: Crisi economica Sistema pensionistico