Il 59% delle famiglie associate ad Assindatcolf, a cui è stato somministrato un questionario tra il mese di dicembre 2022 e il gennaio 2023, ha dichiarato insostenibile o solo parzialmente sostenibile la spesa per la badante. A motivare l’insostenibilità della spesa per le prestazioni di una badante vi sono ragioni che rimandano soprattutto al crescente bisogno di assistenza, da una parte, e all’indisponibilità futura di risorse avendo già usufruito dei propri risparmi per mantenere il livello di assistenza attuale e necessario, dall’altra.
È quanto emerge dallo studio Il lavoro domestico. Una risorsa per il nuovo welfare, realizzato dal Censis per Assindatcolf, l’Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico. Secondo il report, nella scala di priorità degli strumenti più urgenti da adottare nell’ambito della tutela della non autosufficienza, le famiglie posizionano al primo posto la previsione di incentivi all’assunzione per ridurre il costo che si deve sostenere per la badante. Segue, al secondo posto, la promozione di interventi di sanità preventiva presso il domicilio delle persone anziane.
Al terzo posto, il miglioramento dell’invecchiamento attivo, con la predisposizione di accessi facilitati ai servizi sanitari e sociali. Interpellate sui nuovi strumenti di tutela previsti nel disegno di legge delega in favore delle persone anziane, 8 famiglie su 10 (l’82,9%) ha dichiarato di preferire una prestazione universale in denaro commisurata all’effettivo fabbisogno assistenziale, con la previsione di una maggiorazione in presenza di personale domestico regolarmente assunto, rispetto all’importo dell’attuale indennità di accompagnamento senza vincoli di utilizzo, scelto solo dal 17,1% degli intervistati.
Oltre allo stato d’animo delle famiglie nell’attuale congiuntura, lo studio affronta anche questioni di portata più generale, come l’invecchiamento della popolazione e le prestazioni irregolari nel lavoro domestico. Sono poco più di 14 milioni le persone con almeno 65 anni e circa 3 milioni le persone con gravi limitazioni nelle attività svolte abitualmente. Nella logica di un generale riassetto del welfare rispetto ai cambiamenti demografici non può rimanere escluso l’annoso problema del lavoro domestico irregolare che, secondo lo studio, nell’anno 2020 ha registrato un tasso di irregolarità pari al 52,3% per gli occupati e del 54% se si prendono in considerazione le posizioni lavorative.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)