Contro improvvisazioni e pratiche di dubbia utilità, le indicazioni per riconoscere gli operatori seri e sfruttare così al massimo questa terapia che beneficia malati, anziani e disabili. Al di là delle mode.
Si fa presto a dire pet therapy. Basta un campetto verde, un asinello, due maialini che arrivano da un sequestro, e l’allestimento è fatto. Occorre, invece distinguere tra chi lavora e chi “spaccia” altro. La pet therapy non è una medicina che mette l’animale nel cassetto, ma l'instaurarsi di una relazione e la parola chiave di questa terapia è: multidisciplinarietà. Le persone interessate a ricoprire un ruolo nell’applicazione della pet therapy devono essere consapevoli dell’importanza dell’azione di gruppo, svolta attraverso la perfetta conoscenza del metodo applicativo, indispensabile per ottimizzare le risorse umane e professionali; avere confidenza e rispetto per gli animali, poiché la loro presenza costituisce il fulcro del progetto. Per evitare di cadere nelle mani di operatori improvvisati e dannosi è bene sapere che l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) è il Centro nazionale di referenza per la pet therapy mentre nel centro sanitario di Montecchio Precalcino, in provincia di Vicenza, presso la struttura dell’Ussl 4 Alto Vicentino, vengono formate le figure professionali per il settore.
(Sintesi redatta da: Laura Rondini)