Non è soltanto Grillo ad avercela con i “vecchi” e a chiedere di togliere loro il voto. Di recente, si è espresso con altrettanta convinzione sul primato giovanile, Luigi Marattin, parlamentare di Italia Viva, che rivolgendosi al non-giovane Leopoldo Mastelloni, inviato da Giletti alla Leopolda, si è espresso all’incirca così: “Se devo investire non lo farei certo per quelli della tua età, semmai per i giovani”.
La lotta titanica fra vecchi e giovani data qualche anno ed è stata perfino oggetto di riflessione letteraria; basti pensare ad Alberoni, che in un suo articolo ha sostenuto “i giovani ritengono che i vecchi debbano essere generosi nei loro confronti, ma i vecchi non sanno d’essere vecchi”. Testuale. Pensandoci bene, grazie al tempo trascorso, i vecchi hanno fatti progressi, al punto ormai da sapere benissimo di esserlo, salvo però incarognirsi, giurandola ai giovani.
Così come i giovani sanno di essere giovani, ma con un accessorio in più: il coltello tra i denti. In ogni caso la guerra tra vecchi e giovani non riguarda solo l’aspetto materiale e la quasi certezza dei secondi di avere davanti una pensione-chimera. Dietro l’assalto all'esistenza stessa dei vecchi si agita innanzitutto una forma di implacabile risentimento culturale.
I vecchi di oggi sono quelli che hanno vissuto per almeno un decennio l'epoca delle "contestazioni" riassunta magistralmente in una vignetta di Wolinski, maestro martire di Charlie Hebdo, dove il padre, in eskimo, barba e capelli lunghi, tiene per mano il figlioletto in abito blu cravatta e valigetta 24 ore; lo tiene per mano e intanto piange, e piangendo, vinto, gli dice: “E pensare che all’età tua io stavo sulle barricate”.
Ecco, forse sono proprio le barricate che i giovani non perdonano ai vecchi. Hanno anche una certa ragione se un certo Francesco Crispi insegnava" si comincia garibaldini e si finisce notabili e soffocatori di rivolte".
Tutto ciò avviene contraddicendo i canoni attuali della comunicazione pubblicitaria, dove si solleva sempre più l’asticella dell’età, meglio, si suggerisce che la giovinezza termini a 70 anni. Forse si fa perché i vecchi sono comunque gli unici che hanno soldi da spendere, da investire, è possibile, resta però che esistono perfino modelle ottantenni presentate come assolutamente desiderabili.
Al contrario, i suggerimenti da soluzione finale per la terza età lasciano il segno nel mondo dello spettacolo dove i vecchi sono contemplati senza particolare benevolenza. L’egoismo fa il resto, per non parlare poi del costo di una eventuale badante qualora dovesse d'improvviso esplodere l’alzheimer, già, se una notte, il vecchio, la vecchia dovesse dare fuoco alla casa? E i presìdi? Tu non sai quanto costano i presìdi… Ecco, sono questi alla fine, messo da parte il pensiero della magra pensione, gli argomenti che portano i giovani a ritenere che l’essere vecchi sia un crimine, una forma di malvagità verso quegli altri, verso chi ha ancora tutto da vivere, i vecchi come peso, anche culturale. In una società di semplici, di nutrie, dove la massima gittata espressiva coincide con le più belle frasi di Osho, cosa vuoi che mi susciti, se non rabbia e risentimento, uno che dovesse presentarsi citando, che so, Lacan o Foucault.
Una vignetta poco tempo fa comparsa su un magazine internazionale: i vecchini rocchettari all’ospizio, alcuni perfino su carrozzina, litigavano fra metallari e fissati con degli Stones, litigano e stanno sull'orlo dell'abisso...
Così tutto sembra tornare chiaro: i vecchi esistono. E presto tutto finirà, i giovani l’avranno vinta con le loro ambizioni tristi, e non ci sarà neppure più Grillo a raccontare l’epilogo. Esatto, alla fine ne resterà soltanto uno, sì, Keith Richards, lui, sì, sopravvissuto a tutto e a tutti, dovrà provvedere a mettere nero su bianco il canto della disfatta finale di chi riteneva bastasse un po’ di memoria e la voglia di restare a lavorare per esistere ancora al mondo.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)