L’apprensione, il disorientamento, l’ansia dei cittadini in permanenza obbligata nelle abitazioni, non possono che trovare un antidoto sia nella lettura che nella visione di programmi televisivi di qualità. Questo è il contenuto principale della lettera inviata alle alte cariche dello Stato e al Ministro della Cultura Franceschini dall’Associazione Nazionale Autori Cinematografici.
L’appello è firmato da oltre 150 registi, attori , artisti del cinema e del teatro tra cui Verdone, Cavani, Morante, Rohrwacher, Zingaretti, Taviani, Favino, e punta a sottolineare il ruolo del servizio pubblico radiotelevisivo in questi giorni di emergenza che, si legge nella missiva: “Mai come in questo momento è chiamato a rivestire la sua funzione di collante sociale, strumento educativo e veicolo di cultura”.
Per l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici è questo il momento adatto per offrire una «valida e selezionata offerta, programmando i film di ieri e di oggi che hanno reso grande il cinema italiano nel mondo, i grandi concerti di musica classica, di jazz, di pop, i documentari sulla vita e le opere dei grandi pittori, scultori, architetti, la lettura dei testi dei grandi scrittori, il teatro, la poesia, la danza».
Il mondo del cinema e dello spettacolo ha raccolto così l'input lanciato da una lettera appello inviata alla Rai da Pupi Avati con cui il regista invitava i responsabili dell’azienda televisiva a cogliere questa emergenza sanitaria per rivedere i palinsesti avendo a cuore “la bellezza”, da utilizzare come “arma terapeutica” di supporto alla lotta contro il Coronavirus.
Questo il passaggio testuale dell’appello di Avati “in questo tempo sospeso, fra il reale e l’irreale, come in assenza di gravità, i media e soprattutto la televisione e la RAI, in un momento in cui il Dio Mercato al quale dobbiamo la generale acquiescenza all’Auditel” dovrebbero "approfittare di questa tregua sabbatica di settimane o mesi, per sconvolgere totalmente i palinsesti dando al paese l’opportunità di crescere culturalmente". In un altro passaggio significativo il regista descrive come sta personalmente vivendo l’isolamento: “ E’ il primo periodo della mia vita in cui anziché abbracciare vorrei essere abbracciato. Mi manca persino quella specie di bacio notturno con il quale auguro la buonanotte a mia moglie e che lei giustamente mi ha vietato. Dormo di più la mattina, nel silenzio profondo, cimiteriale di una città morta, appartengo anagraficamente alla categoria di quelli più svelti a morire.
Ma in questo sterminato silenzio, che è sacro e misterioso e che ci fa comprendere la nostra pochezza, la nostra vigliaccheria, ci commuove la consapevolezza dei tanti che stanno mettendo a repentaglio le loro vite per salvarci”.