Boris Pahor è uno scrittore sloveno nato a Trieste, quando la città faceva ancora parte dell'Impero austro-ungarico. Il 26 agosto ha compiuto 106 anni. Ci sono volute decine di libri, una Legion d'onore, traduzioni in inglese, francese, tedesco, persino finlandese, prima che - una decina di anni fa - l'Italia si accorgesse di lui. «Ho avuto una vita impensabile», dice al telefono con un filo di voce quest'uomo minuto, dai capelli candidi, sempre lucido e pronto a opporsi ad ogni forma di totalitarismo.
A 7 anni (1920) fu testimone del rogo del Narodni dom, la casa della cultura slovena, fu bruciata dagli squadristi fascisti: erano i prodromi della dittatura.
Intervistato sul messaggio che vorrebbe lanciare ai giovani ha suggerito loro «Di non accontentarsi della società di oggi, di cercare di migliorarla, di non adeguarsi a questo tempo disgraziato in cui nessun problema si risolve, un'epoca piena di illusioni, che muoiono ancor prima di nascere. Cercate di creare una società onesta, che si occupi dell'uomo comune, di coloro che vanno all'estero, per cercare un'occupazione e cominciare una nuova vita».
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)