Fino al 2014 uno dei pochi effetti positivi della crisi economica era stata la riduzione del gender gap (differenze di genere) fra tasso di occupazione maschile e femminile; a quella data era sceso al minimo storico ( 17,6% ) in pratica meno 6 punti percentuali dal 23,5% del 2007. Nell’ultimo quadriennio ha ricominciato a salire e, nel 2018, il gender gap fra occupati uomini e donne è stato del 17,9%. Fra il 2014 e il 2018 l’occupazione femminile è cresciuta ( dal 47,2% al 49,6%), ma meno di quella maschile ( salita dal 64,8% al 67,5%). Tale processo non ha riguardato le giovani donne laureate (al di sotto dei 30 anni) che, in alcuni casi, hanno trovato lavoro più degli uomini. Al contrario non è migliorata la situazione delle più anziane: le laureate e le diplomate trai 30 e i 50 anni e le donne più istruite over 55 . In Italia, soprattutto nell’insegnamento e nel pubblico impiego, la maggior parte di queste sono state trattenute al lavoro dalla legge Fornero. Anche nel resto d’Europa assistiamo purtroppo a un aumento del gap occupazionale con l’età; quasi ovunque non si è impedito che le donne, raggiunta l’età per formare una famiglia, uscissero in massa dal mondo del lavoro. Ovunque il gender gap è raddoppiato o triplicato tra i 20-24 anni e i 35-39. I progressi della maggiore istruzione si infrangono di fronte al fattore maternità e ciò avviene nonostante l’incremento dei posti disponibili in settori come i servizi alla persona ( tipicamente femminili ). Ma l’Italia e la Spagna rispetto a Francia Germania e Regno Unito hanno una particolarità. Mentre in questi ultimi paesi il gender gap nell’occupazione dopo i 40 anni cala, da noi e nella penisola iberica continua ad aumentare. In pratica, nelle altre nazioni europee, le donne, quando i figli crescono,riescono a rientrare nel mondo del lavoro, in Italia e Spagna mancano strumenti o incentivi perché una 40enne possa ri-occuparsi in età adulta.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)