Nel 2019 l'età media di chi è entrato in una Rsa era di quasi 86 anni, il 64,26% aveva problemi di demenza, il 34% aveva bisogno di assistenza anche per mangiare. Sono questi alcuni dei dati per i quali, secondo Uneba, “non possiamo fare a meno delle Rsa”, come recita il titolo della conferenza stampa di questa mattina organizzata dall'ente che ne rappresenta oltre 900 in tutta Italia.
“L'anno scorso le Rsa sono state criminalizzate - ha detto Franco Massi, presidente di Uneba Nazionale -. I morti nelle Rsa facevano notizia, quelli nelle case non facevano notizia. Nelle Rsa gli anziani avevano comunque assistenza di infermieri e medici. A domicilio molti anziani sono morti senza ricevere assistenza o neanche una telefonata dal medico di famiglia. È necessaria un'operazione verità e abbiamo bisogno di certezze per il futuro. Residenzialità e domiciliarità sono complementari, chi le contrappone sbaglia. Bisogna dare risposte adeguate al bisogno di ogni persona. E per questo oltre alle Rsa c'è l'assistenza domiciliare, ci sono i centri diurni o i mini alloggi protetti”.
I dati sono stati illustrati da Antonio Sebastiano, direttore dell'Osservatorio Rsa della Liuc Università Carlo Cattaneo: “Nelle Rsa l'indice di rotazione dei posti letto è oggi di 1,36, il che vuol dire che per ogni 100 posti letto vengono accolti 140 anziani circa. Quindi si tratta di una permanenza breve. Si tratta spesso di un target di persone difficilmente assistibili a domicilio".
(Sintesi redatta da: D'Amuri Vincenzo)