Una ricerca condotta presso il Centro Parkinson e Parkinsonismi dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano con il contributo della Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson, ha cercato di comprendere il rapporto tra malattia di Parkinson e COVID-19, per comprendere se i pazienti affetti da questa patologia sono maggiormente esposti al rischio di contrarre il virus e sviluppare forme più severe di infezione.
Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Movement Disorders, ha coinvolto 1486 pazienti afferenti al Centro Parkinson dell’ASST Gaetano Pini-CTO di Milano con una diagnosi clinica di malattia di Parkinson e residenti in Lombardia, e 1207 familiari utilizzati come gruppo di controllo.
L’analisi ha mostrato che i tassi di COVID, gli esiti di mortalità e l’andamento dei quadri clinici sono sostanzialmente sovrapponibili tra i due gruppi.
Tra i casi di COVID accertati, sono stati individuati 105 casi tra i pazienti parkinsoniani (il 7,1%) contro i 92 casi dei controlli (il 7,6%), con esiti di mortalità, rispettivamente del 5,7% e 7,6%.
Anche le manifestazioni cliniche dell’infezione sono risultate simili, con febbre, tosse e congestione nasale tra i sintomi più ricorrenti in entrambi i gruppi.
Le uniche differenze riscontrate nei quadri clinici generali sono state riferite a un minor tasso di difficoltà respiratoria e a una percentuale inferiore di ospedalizzazioni nei pazienti con malattia di Parkinson.
Il primo dato è probabilmente riconducibile al fatto che i pazienti parkinsoniani possono presentare sintomi di difficoltà respiratoria indipendentemente dal COVID-19; il secondo, invece, è presumibilmente dovuto alla propensione di gestire pazienti parkinsoniani a casa.
Tuttavia, il dato forse più interessante ottenuto dallo studio riguarda la carenza di vitamina D3 e la mancata supplementazione di supporto come elemento di rischio.
Quest’ultimo risultato rappresenta sicuramente uno spunto che merita ulteriori per prendere in considerazione l’utilizzo di una supplementazione che, solo in linea teorica fino a questo momento, potrebbe risultare come un fattore protettivo.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)