Secondo Nicola Napoli, medico dell’unità di Endocrinologia del Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, "In Italia appena il 20 % dei pazienti con fratture viene sottoposto a una terapia anti-osteoporosi, mentre il restante 80 per cento non riceve trattamenti”.
I dati indicano che la maggior parte dei pazienti ospedalizzati con Covid-19 ha una età media superiore ai 60 anni, sono soggetti fragili e con almeno un’altra patologia in corso che, insieme all’immobilizzazione e a trattamenti di lungo periodo, aumentano il rischio di fragilità ossea e di fratture.
Attualmente in Italia sono circa 3,5 milioni le donne e 1 milione gli uomini affetti da osteoporosi. Nei prossimi 20 anni, con il progressivo invecchiamento della popolazione, si prevede un aumento del 25 % degli over 65, e la Società italiana dell’osteoporosi stima un proporzionale incremento dell’incidenza della malattia nella popolazione.
Sfortunatamente nell’emergenza Covid-19, in molti Paesi del mondo, i malati di osteoporosi sono stati classificati come “non urgenti” poiché tale patologia non riguarda i parametri vitali.
"Nei pazienti di 65 anni e più l’immobilizzazione porta rapidamente alla perdita di massa muscolare e di forza – afferma Napoli – Questo, insieme alle altre patologie correlate al Covid-19, come infiammazione cronica e fragilità, contribuisce ad accrescere la probabilità di cadute e relative fratture".
Nicola Napoli lancia un appello: " È necessario porre maggiore attenzione a chi soffre di osteoporosi. La gestione di questi pazienti è già complessa in circostanze normali. Con la pandemia ancora in corso, si richiede uno sforzo per garantire loro trattamenti adeguati: la continuità delle cure, infatti, non è solo prerequisito per il successo della cura stessa, ma è importante per assicurare la sopravvivenza del paziente nel tempo".
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)