Secondo uno studio pubblicato su The Journal of Infectious Diseases, negli anziani ricoverati in strutture sanitarie protette, livelli ridotti di umidità assoluta indoor sono correlati a un innalzamento del rischio di malattie respiratorie acute (ARI).
“Questa osservazione – scrivono gli autori dello studio – avvalora le evidenze sulla necessità di adottare particolari accorgimenti che tengano conto del fattore summenzionato ai fini della prevenzione dell'influenza nelle case di cure e a livello familiare domestico (es: riscaldare e, al contempo, umidificare gli ambienti durante la stagione fredda”.
I ricercatori hanno condotto uno studio su 285 adulti anziani ricoverati in strutture sanitarie protette ad Hong Kong tra la fine del 2016 e il mese di maggio del 2019.
Nello specifico, sono stati presi in considerazione i dati ambientali indoor relativi a questi ambienti e l'incidenza di ARI. Inoltre, è stata condotta un'analisi per determinare il rischio aggiuntivo di ARI associato a ciascun incremento unitario della temperatura media indoor e ai valori di umidità assoluta e relativa. Dall'analisi dei dati sono emersi 168 episodi di malattie respiratorie acute, con un rischio medio di incidenza annuale pari al 36,8%.
I ricercatori hanno documentato l'esistenza di un'associazione negativa di ARI con l'umidità assoluta indoor fino a 5 giorni di persistenza di malattia nella stagione fredda
.Le associazioni negative con la temperatura interna ambientale o l'umidità relativa e le ARI sono risultate meno consistenti nel passaggio dalle stagioni fredde a quelle calde.
Pertanto, “...lo studio ha dimostrato che la ridotta umidità assoluta indoor e outdoor correlano fortemente con una maggiore incidenza di sindromi influenzali nelle stagioni fredde, ma che l'associazione è meno appariscente in quelle calde – scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro”.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)