Il neuroscienziato Pietro Calissano, definisce l’Alzheimer come una pandemia generazionale. Un problema di dimensioni enormi, afferma, con oltre 500mila malati in Italia e 2,5 milioni negli Stati Uniti, la cui causa principale è l'età che avanza. I farmaci attuali, spiega, cercano di bloccare la formazione delle due proteine tossiche che causano l’Alzheimer, la tau e la amiloide. Oppure ne favoriscono il riassorbimento e l’eliminazione. Per ora non sono così efficaci. Il problema è che i sintomi si manifestano quando i danni nel cervello si sono già accumulati da 5 o 10 anni. A quel punto è difficile invertire la marcia della malattia.
Calissano è ottimista: «A una terapia efficace prima o poi arriveremo, non so se sarà il farmaco di oggi o magari l’anticorpo monoclonale che abbiamo allo studio all’Ebri. Ci sono tantissimi laboratori al lavoro per trovare un vaccino o una cura per l’Alzheimer e sono convinto che la strada giusta non sia lontana. Sappiamo che la tau e la amiloide a un certo punto della vita diventano tossiche, iniziano a produrre sostanze nocive per i neuroni. Ma non abbiamo ancora capito il perché. E fino a quando non avremo risolto questo mistero faticheremo a trovare una soluzione decisiva».
Ciò che è certo è che nell’Alzheimer lo stile di vita conta molto: l’esercizio fisico è importante, una dieta troppo ricca di colesterolo non fa bene. Ma quel che veramente conta è usare il cervello. La ginnastica cognitiva fa bene a chi soffre di una demenza senile. Dove c’è molto analfabetismo, infatti, l’Alzheimer è 3-4 volte più diffuso.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)