Esistono vari fattori di rischio che aumentano il rischio di infarto in una persona: tra questi si possono citare il fumo, l'ipertensione, il diabete, il peso eccessivo e una dieta poco equilibrata. Tuttavia vi sono anche componenti non modificabili, legate per esempio all'età e al sesso. Tra i fattori di rischio non modificabili troviamo anche una componente genetica: la plausibilità di un evento cardiovascolare può essere scritta infatti nel nostro DNA. I ricercatori dell'Università di Tor Vergata hanno messo a confronto i pazienti con sindrome coronarica stabile e instabile, ovvero con e senza infarto, per identificarne le varianti molecolari e comprendere se, da queste, fosse possibile trovare dei biomarcatori che possano predire la probabilità di soffrire di una patologia che interessa ogni anno, solo in Italia, circa 70.000 persone e rappresenta una delle principali cause di morte e disabilità nel mondo.
Analizzando in particolare vari frammenti di microRNA presente nel sangue gli studiosi ne hanno individuato uno che mostra un comportamento anomalo, denominato miR-423: tale molecola risulta essere espressa a livelli molto bassi nei pazienti con malattia coronarica subito dopo l'infarto. Identificato questo biomarcatore, ora la sfida sarà quella di mettere a frutto i risultati della ricerca sviluppando terapie personalizzate e di precisione verso chi sembrerebbe presentare un rischio maggiore.
(Sintesi redatta da: Miuccio Angela)