In questo periodo funestato dal Covid 19 a rischiare in particolare sono proprio i più anziani. Sono proprio loro le "vittime preferenziali dell'infezione, non solo perché meno resistenti agli stress, ma anche perché spesso sono costretti a convivere innaturalmente con tanti loro coetanei esponendosi al rischio della infettivosuscettibilità di gregge".
A dirlo è Roberto Pili, presidente della Comunità mondiale della longevità (Cmdl), uno dei massimi conoscitori al mondo dei fenomeni legati all’invecchiamento e autore del libro - insieme a Donatella Rita Petretto - La longevità nel benessere: sfide presenti e future
Che però conferma che ci sono delle eccezioni. È quanto accade ai centenari di talune zone d’Italia (circa 15.000), che sorprendentemente si dimostrano resistenti più di altri al virus e che possono essere considerati vere "Ferrari" del tempo.
Si tratta di persone nate negli Anni ’20, cresciute in un periodo precedente agli antibiotici, alle tecnologie, agli screening e alle diagnosi precoci. Motivo per cui hanno sviluppato anticorpi preziosi e una singolare resistenza. Infatti, dal momento che hanno affrontato malattie infettive importanti, il loro organismo si è forgiato attraverso il confronto con queste difficoltà, fino a costruire un metabolismo particolarmente attrezzato e virtuoso.
Frutto di una selezione naturale, sono sopravvissute grazie a diversi fattori: un robusto patrimonio genetico, particolari fattori ambientali, una certa alimentazione, la collocazione in una determinata comunità.
È l’età biologica, dunque, non quella anagrafica che fa la differenza. Le donne, per esempio, sono particolarmente attrezzate per essere molto più resistenti. Del resto, la loro funzione è di trasmettere la vita, supportare e gestire la prole. Risultano metabolicamente più tenaci, tanto da vivere statisticamente di più e ad arrivare ad età estreme.
(Sintesi redatta da: Ciannarella Maria Pia)