In Italia l’assistenza domiciliare pare sia ancora da fondare: ne beneficia appena il 2,7% degli over-65 e per una media di 20 ore di prestazioni all’anno.
In altri paesi europei, la percentuale di anziani assistiti a casa si attesta fra l’8 e il 10%, con punte del 20%, e per una media che in Europa è di 20 ore, ma al mese.
Se ne è discusso il 7 luglio al webinar “Assistenza Domiciliare Integrata (ADI): ripensare modelli e strumenti a partire da quanto imparato in emergenza”, organizzato da Italia Longeva.
“Il Covid ha rivelato che sono i vecchi fragili la debolezza intrinseca al nostro sistema e che l’assistenza domiciliare e, più in generale, le cure territoriali, rappresentano oggi la vera priorità di investimento in sanità per diminuire la pressione sugli ospedali e mettere questi ultimi nelle condizioni di fare il mestiere dell’acuzie per cui sono nati – ha detto Roberto Bernabei, Presidente di Italia Longeva e membro della CTS della Protezione Civile – curare gli anziani fragili ‘a casa loro’ significa risparmi per il servizio sanitario e vantaggi per la qualità di vita degli assistiti, che possono essere garantiti da una sanità più flessibile, più prossima e tecnologicamente avanzata”.
Dall’incontro è emerso che sono molte le aree su cui intervenire, a partire da due punti fermi: da un lato raccogliere le migliori pratiche nel paese, studiare questo patrimonio di esperienze virtuose (siano esse pubbliche, private o miste) e puntare a replicarle su più ampia scala; dall’altro valorizzare il necessario contributo della tecnoassistenza (teleassistenza, telemedicina, domotica, ecc.), che ha mostrato tutte le sue potenzialità anche in piena pandemia.
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)