Le Usca hanno il compito di supportare i medici di famiglia nell’assistenza a domicilio dei malati di Covid-19.
Sono composte da guardie mediche, dottori che frequentano il corso di formazione in Medicina generale o laureati in Medicina abilitati e iscritti all’ordine.
L’atto di nascita di queste squadre è contenuto nel decreto legge del 9 marzo 2020.
Il provvedimento stabilisce che le regioni creino una Usca ogni 50 mila abitanti.
Eppure, nonostante le migliaia di contagi in Lombardia e le richieste di aiuto dei medici di famiglia, il servizio finora non ha preso quota.
L’Ats di Milano in un report fa il punto dell’attività delle unità speciali.
Nella prima settimana di aprile si contano otto sedi operative con due medici ciascuna. Da qui le guardie mediche partono per le visite dei sospetti casi covid su segnalazione dei medici di famiglia o della continuità assistenziale. Poi queste sedi vengono potenziate. Le squadre arrivano a 25 componenti alla fine di aprile. Gli ulteriori rinforzi programmati però non si attivano a causa del calo di richieste di visite. Le Usca vengono dirottate a sorvegliare i malati all’hotel Michelangelo, oppure spedite a fare tamponi a domicilio. Ma anche così continua il calo di attività che ha portato alla riduzione delle sedi e dei medici. In tre mesi sono dieci le basi attivate tra Lodi e Milano, 1.838 le visite effettuate, in media venti al giorno. Sui tempi di lavoro dei medici, va sottolineato, incidono le norme anti-contagio, con lunghe procedure per indossare e togliere i dispositivi di protezione prima e dopo ogni visita.
In tutta la Lombardia si è arrivati a 55 unità, contro le 200 attese. È andata meglio in altre regioni: 81 le squadre in Emilia per 4,5 milioni di abitanti, 48 in Veneto (4,9 milioni di cittadini).
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)