Francesco Loffredo è il responsabile del laboratorio di cardiologia molecolare al Centro Internazionale di Ingegneria Genetica e Biotecnologie (Icgeb) e cardiologo all’Ospedale Cattinara di Trieste e sta studiando le correlazioni tra le malattie cardiovascolari e l’età. Infatti, anche se l’invecchiamento non è direttamente responsabile dei danni cardiovascolari, dà il via a una serie di cambiamenti, strutturali e funzionali, del sistema cardiovascolare che portano il cuore ad invecchiare. Di conseguenza il cuore perde di elasticità ed è meno pronto a reagire, per cui anche un sovraccarico di lavoro causato, per esempio, da un’influenza, può essere fatale, perché perde la capacità di rispondere a condizioni stressanti. Il cuore è il primo organo che si forma ma ha una bassissima capacità di rigenerarsi, per cui i cardiomiociti con cui nasciamo (le cellule cardiache che consentono la contrazione e di svolgere la funzione di pompa) non si rinnovano. La loro perdita si compensa con un aumento di lavoro dei cardiomiociti e viene in parte rimpiazzata da tessuto fibrotico, cicatrici che mantengono integra la parete del cuore, ma rendendola incapace di contrarsi. Per questo il cuore di un anziano è più rigido e meno efficiente. Ci sono inoltre altri fattori che ne accelerano il declino, come fattori genetici, ipertensione arteriosa, diabete, colesterolo alto e obesità. Per tenere sotto controllo questi fattori è fondamentale l’esercizio fisico e la restrizione calorica. La conferma arriva dal progetto «Centenari a Trieste» dove si è notato che la maggior parte dei centenari monitorati hanno tratti comuni (sono magri, sempre fatto attività fisica e consumato poco alcol) ed ha un’attività cardiaca funzionale paragonabile a un 60-70enne.
(Sintesi redatta da: Balloni Flavia)