Una brutta storia, soprattutto in un momento come questo in cui parlare di Rsa è quanto mai doloroso. Il Covid-19 non c’entra con questa vicenda che parte nel 2006, quando la Asl Lecce 1 ha affidato ad una cooperativa sociale il servizio di assistenza sociosanitaria residenziale per 42 posti letto in una residenza protetta salentina.
Nel maggio 2009, la società subentrante che oggi gestisce la struttura, ha comunicato all’azienda sanitaria l’imminente sfratto per morosità della cooperativa, invitandola più volte a adottare i provvedimenti necessari per tutelare gli anziani ospiti, senza però ricevere risposta. Pochi mesi dopo (luglio 2009), avviene lo sfratto e da quel momento inizia la disputa, risolta in parte oggi dal Tribunale di Lecce con sentenza n° 820/2020.
Spiega il coordinatore del Codici (Centri per i diritti del cittadino), che la società che gestisce attualmente la struttura ha continuato, dal luglio 2009, a garantire l’assistenza agli anziani, nonostante spettasse alla Asl Lecce 1 il compito di ricollocarli in un’altra Rsa, oltre che pagare la quota alla cooperativa subentrata.
Nella sentenza citata si legge che “non è revocabile in dubbio che l’Asl abbia fruito dell’accrescimento patrimoniale conseguente al mancato esborso delle quote di cui sarebbe stata gravata qualora i medesimi pazienti, all’indomani dello sfratto, fossero stati ricollocati in altra Rsa convenzionata come quella da cui provenivano; entrambe le suddette modifiche patrimoniali sono avvenute in assenza di causa giuridicamente significativa”.
Sulla scorta di tali considerazioni, è stato accolto parzialmente l’atto di citazione della società, accogliendo il ricorso fino a maggio 2010, quando è arrivata la prima comunicazione con cui la Asl rifiutava la prestazione.
(Sintesi redatta da: Carrino Antonella)