L‘artrosi è una patologia diffusissima, caratterizzata dalla degenerazione delle articolazioni, in modo particolare delle cartilagini, complici l’uso ripetuto delle articolazioni, il passare degli anni, ma anche alcuni lavori, così come l’obesità, la famigliarità, traumi alle articolazioni stesse o alcune malattie. I sintomi più comuni sono la rigidità, il gonfiore a volte, e il dolore. Spegnere i dolori dell’artrosi con le radiofrequenze, nel tentativo di scongiurare interventi chirurgici e il ricorso ad antidolorifici.
L’ipotesi arriva da oltreoceano dal team di Felix M. Gonzalez della Emory University School of Medicine di Atlanta, e segue un filone studiato dal ricercatore già da qualche tempo nella ricerca di strategie alternative per gestire i dolori articolari a carico di ginocchia, spalle e anche che colpiscono milioni di persone al mondo.
I trattamenti oggi disponibili, per esempio, le iniezioni di anestetico e corticosteroidi a volte applicate alle articolazioni interessate tendono a perdere efficacia nel tempo e l’opzione dell‘artoplastica, ovvero la sostituzione chirurgica dell’articolazione, non è perseguibile per tutti, spiega Gonzalez. Dopo i risultati incoraggianti osservati lo scorso anno per l’artrosi del ginoccho, Gonzalez ha tentanto la tecnica dell’ablazione con radiofrequenze (utilizzata anche in ambito oncologico) e, in particolare, la versione raffreddata della tecnica (cooled radiofrequency ablation c-RFA) anche a un piccolo gruppo di pazienti con problemi di artrosi alle spalle e alle anche, 23 in tutto, resistenti al trattamento con antiinfiammatori e iniezioni di anestetici e steroidi. anche in questo caso i risultati ottenuti sono molto incoraggianti.
Sia per il ginocchio che per spalla, la tecnica, è eseguibile a livello ambulatoriale “I pazienti con problemi alla spalla hanno avuto una riduzione del dolore dell’85% e un aumento di funzione di circa il 74% – ha spiegato il ricercatore – in quelli con dolore all’anca, abbiamo osservato una riduzione del dolore del 70% e un guadagno di funzione del 66%”. La speranza è che la tecnica diventi un’opzioni in più per quei pazienti in cui altri trattamenti falliscono, e che riduca anche le probabilità di ricorrere agli oppiodi, si augura il ricercatore.
E anche per dolori diversi da quelli articolari.
(Sintesi redatta da: Righi Enos)