Ansia e depressione nella malattia di Parkinson riducono la qualità di vita dei pazienti. Le alterazioni emotive, inoltre, influenzano le capacità motorie e le prestazioni cognitive e contribuiscono in modo significativo e indipendente a peggiorare la risposta al trattamento riabilitativo.
Uno studio italiano, pubblicato su “Neural Regeneration Research”, evidenzia come un training neuroriabilitativo multidisciplinare possa migliorare la gestione della malattia.
«I sintomi non motori nel Parkinson rappresentano uno dei principali sfide affrontate nella gestione della malattia. Questi sintomi sono spesso sottodiagnosticati e non rispondono adeguatamente alla terapia dopaminergica» permettono gli autori, guidati da Viviana Lo Buono, del Dipartimento di Neurobioimaging dell’IRCCS Centro Neurolesi Bonino-Pulejo di Messina.
In particolare, «i sintomi non motori, come la depressione o l'ansia, possono peggiorare le attività della vita quotidiana, ridurre le opportunità di svago e una normale vita sociale e compromettere il benessere psicologico» spiegano.
In più, «è stato dimostrato che l'umore depressivo influisce sulle prestazioni linguistiche nei pazienti affetti dalla patologia, che mostrano riduzione spontanea del linguaggio e deficit di fluidità verbale».
Soprattutto, sottolineano Lo Buono e colleghi, «le alterazioni dell'umore sono associate anche a una peggiore risposta al trattamento riabilitativo».
Per questo motivo, specificano, «oltre al trattamento farmacologico di base, anche quello non farmacologico, come il trattamento riabilitativo multidisciplinare, è generalmente raccomandato perché è in grado di trattare sia gli aspetti motori che non motori del Parkinson».
(Sintesi redatta da: Anna Costalunga)