Le terapie oggi più diffuse per trattare le malattie neurodegenerative, a cominciare dall'Alzheimer, si concentrano sul controllo dei sintomi. Un approccio più recente si focalizza invece sulla cura delle cause scatenanti, che sono dovute all’accumulo aberrante di proteine, identificandole come bersaglio per rallentare il peggioramento motorio e cognitivo.
Grazie anche all’IA e al deep learning, nei prossimi vent’anni potrebbero arrivare sul mercato opzioni di cura più efficaci delle attuali. Stati Uniti e paesi come Giappone, Cina e Regno Unito, hanno già approvate tre diverse terapie per l’Alzheimer basate su anticorpi monoclonali tutte lo stesso target farmacologico, ossia gli accumuli delle placche amiloidi nel cervello.
Questi farmaci, in Europa non ancora approvati, hanno al momento un’efficacia modesta: oltre ai problemi di sicurezza legati agli effetti avversi, non sono scalabili per trattamenti di massa; perciò, non costituiscono un’opzione terapeutica adatta ad affrontare una questione di salute globale di questa portata.
Le evidenze scientifiche, però, spingono a cercare nuove soluzioni con meno effetti collaterali e adatte a una personalizzazione su larga scala partendo dal meccanismo d’azione delle terapie ad anticorpi, con l’obiettivo di trovare opzioni migliori nella forma di piccole molecole che la comunità scientifica chiama small molecules.
In uno scenario di popolazione sempre più anziana, lo studio dell’Alzheimer non è solo un tema di salute ma anche una questione economica e di sostenibilità dei sistemi sanitari.
(Sintesi redatta da: Lupini Lucio)